La nascita del pensiero di BION dall'opera di Melanie KLEIN

Melanie Klein da giovane
Melanie Klein negli ultimi anni prima della morte
La tecnica del gioco e l’interpretazione

Anni ‘20 => bambini < 3 aa

Gioco bambino = eloquio adulto = sogno

Sogno

= espressione di organizzazione di oggetti interni

Transfert infantile = transfert adulto

possibile e precoce

Anna Freud: non possibile per presenza dei genitori

Importanza di interpretazioni profonde

Non preparazione all’analisi

Concetto di “EQUAZIONE SIMBOLICA”

confusione tra oggetto esterno e oggetto interno

il simbolo salvaguarda la differenziazione int - ext

Per adulti molto sofferenti o per bambini in via di sviluppo => oggetto investito nel gioco = oggetto primario (“oggetti interni”).

Il mondo interno

Freud: nell’adulto trova il bambino

Klein: nel bambino trova il neonato

dietro ad ogni atto del neonato esiste una fantasia inconscia

presenti sin dalla nascita

assieme a pulsioni e bisogni

basata su di una relazione oggettuale

precocità della triangolazione edipica

precocità dello sviluppo del Super-io

Non esisterebbe il narcisismo primario

Io [entità di separazione] esiste da subito => suddividendo un Sé dall’Oggetto

Importanza della personificazione

organizzazione delle fantasie inconsce

geografia delle fantasie inconsce

relazione rispetto al corpo materno

Pulsione aggressiva e istinti sadici presenti fin dai primi momenti di vita

Distruttività connessa alla pulsione di morte

Freud: teoria energetica (livello basso di attività)

Klein: forza attiva e in relazione con l’oggetto => distruzione per proiezione “all’esterno dell’istinto di morte”.

Nascerebbe dall’INVIDIA PRIMARIA

Utilizzo di tutti gli strumenti fisici (denti, urina e feci) e psichici

Pulsioni e precocità

Pulsione epistemofilica

Obiettivo: la “stanza del tesoro” , l’interno del corpo materno e tutto quello che contiene

Idee e preconcezioni innate: bambina con cognizione di una sessualità propria

invidia del pene nella femmina

invidia ancora più precoce e antica per il seno materno

Per tollerare ciò => scissione e caratteristiche parziali dell’oggetto

introiezione e proiezione

fantasie inconsce

Posizione SCHIZOPARANOIDE (PS)

oggetto parziale

(anatomicamente, funzionalmente e qualitativamente)

buono perché soddisfacente

buono perché idealizzato

cattivo perché assente o frustrante

cattivo perché aggredito e danneggiato e vendicativo

Posizione DEPRESSIVA (D)

oggetto TOTALE

senso di colpa => oggetto morente dentro a sé

AMBIVALENZA => maniacalità + riparazione

Basi teoriche del concetto di Identificazione Proiettiva

Freud: Osservazioni psicoanalitiche su un caso di paranoia (1910) “Nella formazione del sintomo paranoico la caratteristica più vistosa è data dal processo al quale spetta il nome di PROIEZIONE.

Una percezione interna è repressa e al suo posto il contenuto di essa, dopo aver subito una certa deformazione, perviene alla coscienza sotto forma di PERCEZIONE ESTERNA.

Nel delirio di persecuzione la deformazione consiste in una trasformazione dell’affetto...” [Io non l’amo - io l’odio -> (proiezione) egli mi odia, mi perseguita,]

Freud: Psicologia delle masse e analisi dell’Io (1921) in cui delinea tre modi di espressione dell’IDENTIFICAZIONE:

1) forma originaria del legame affettivo con l’oggetto: identificazione preedipica contrassegnata dalla relazione orale ambivalente.

2) come sostituto regressivo di una scelta oggettuale abbandonata

3) pur senza un investimento sessuale dell’altro, il soggetto può identificarsi con l’altro in quanto esiste tra il soggetto e l’oggetto di identificazione un elemento in comune (ad es. il desiderio di essere amato).

Interiorizzazione: (termine più generale) meccanismo che fa entrare gli oggetti esterni nell’Io e che li trasforma in oggetti interni sentiti come fisicamente presenti e viventi all’interno del corpo.

Incorporazione: forma principale dell’interiorizzazione perché è un processo essenzialmente orale. E’ cannibalica fa dunque correre all’oggetto un rischio di distruzione: ha come obiettivo il “mettere dentro” oggetti buoni.

Introiezione: processo automatico dell’evoluzione della percezione che permette di cogliere le caratteristiche del soggetto in quanto tali e di inserirle nel proprio Sé.

Identificazione: prototipo della relazione valorizzata con l’oggetto buono:

essa non è connaturata ma è una capacità che si sviluppa nel soggetto [l’introiezione può non essere acompagnata dall’identificazione]

è necessaria un certo grado di coordinamento dell’Io

è secondaria alla capacità di cogliere l’oggetto completo.

Identificazione Introiettiva

L’interiorizzazione - introiezione è un processo fondamentale della vita psichica. Non si interrompe mai. Si compie attraverso e mediante le fantasie di incorporazione che accompagnano prolungano o ripetono, con modalità allucinatorie, condotte corporee di divoramento. L’introiezione può non essere seguita dalla proiezione dell’oggetto: in questo caso essa è riuscita e l’oggetto è collocato nell’Io. Questa riuscita favorevole sembra avere per fattore principale l’identificazione con l’oggetto buono e fa passare dal semplice attaccamento libidico al vero e proprio amore per l’oggetto (IDENTIFICAZIONE INTROIETTIVA e base dell’apprendimento).

Identificazione empatica:

forma benigna di identificazione proiettiva che può essere inclusa nell’”identificazione proiettiva normale”

“mettersi nei panni di un altro”

inserimento di una parte di sé, della propria capacità di autopercezione, all’interno di un altra persona.

non esiste perdita di realtà, né confusione di identità (caratteristiche invece della identificazione proiettiva “patologica” - i.e. onnipotente).

Identificazione adesiva

basata su primissimi momenti di vita, il primo oggetto e la prima introiezione

mancanza di senso di spazio interno

identificazione proiettiva non può essere usata appropriatamente

comporta l’uso mentale di una “seconda pelle”, l’adesione mentale simile a una mera imitazione.

Fantasia di aderire ad un oggetto, mettersi in relazione in modo bidimensionale, senza profondità, per inesistenza della speranza di avere uno spazio dentro il quale proiettare

Tutta l’opera della Klein lascia intendere che quello che cogliamo dell’oggetto, che portiamo dentro, che introiettiamo sono alcune QUALITÀ DEL RAPPORTO CON L’OGGETTO. E sono anche queste caratteristiche che, a causa dell’ambivalenza - più viva in determinate età - possono essere a volte proiettate quando il loro significato per l’Io si scontra con una verità interna insopportabile per quella particolare persona in quel momento.

Sono quindi le rappresentazioni interne delle qualità o meglio della qualità della vita stessa che il soggetto ha potuto condurre in rapporto con la presenza e con l’assenza dell’oggetto, l’obbiettivo principale di studio della Klein per l’applicazione dell’analisi all’infanzia. Lo scopo dell’analisi è quallo di fornire un terreno, uno spazio nel quale queste rappresentazioni possano trovare un modo per essere riesplorate.

È così forse che l’analista per il paziente diventa progressivamente una persona, e quindi di riflesso anche un oggetto interno di questo particolare teatro di rappresentazioni che la Klein ha descritto come MONDO INTERNO delle rappresentazioni oggettuali.

La personificazione nel gioco infantile

“La considerazione che [il transfert] si fonda sul meccanismo della configurazione di PERSONAGGI mi ha illuminato su una questione tecnica. Ho già accennato alle frequenti trasformazioni repentine del nemico in alleato o in protettore e della madre “buona” in madre “cattiva”.

Nei giochi che implicano personificazioni dei genere si osserva invariabilmente che queste trasformazioni fanno seguito alla liberazione dall’ANGOSCIA per effetto delle interpretazioni. Se quindi l’analista assume i ruoli ostili richiesti dalla situazione ludica e con ciò li assoggetta all’analisi, si ha sempre un progresso nell’evoluzione delle imago che suscitano angoscia verso identificazioni con attributi di maggiore benevolenza e più vicine alla realtà. In altre parole, uno degli obiettivi piu importanti dell’analisi è l’attenuazione della severità esagerata del Super-io — si consegue con l’assunzione da parte dell’analista dei ruoli che gli vengono assegnati dalla situazione analitica. [Melanie Klein, “Personificazione nel gioco infantile” 1929, in SCRITTI 1921-1958, pag. 237].

È possibile che l’origine dello sviluppo, cioè i primi sedimenti del mondo interno possano già comparire durante la vita fetale e che tutti i vari meccanismi di difesa, come la proiezione e l’introiezione si possano essere effettuati in una qualche forma arcaica già durante la vita fetale.

Potremo infatti immaginare che già durante questo cruciale periodo della vita si possa avere la comparsa di una vita mentale di rappresentazione, di coscienza e quindi in parte di relazione.

L’introiezione potrebbe quindi poi ad esempio trovare la sua origine in un ricordo larvale specifico del bambino del proprio periodo fetale (“Come è stato possibile che io fossi all’interno di mia madre, allora è possibile che io prenda mia madre dentro di me!”).

Allo stesso modo la proiezione potrebbe costituirsi nel bambino sulla base del ricordo di essere stato dentro, e quindi di poter magicamente intrudere nelle persone come per magia in qualsiasi momento.

Anche nell’opera della Klein i processi principali con i quali si costituisce il mondo interno sono l’ introiezione e la proiezione. Certo sono processi molto diversi e prevedono sentimenti molto diversi alla loro base. Anche qui la Klein ci fa riflettere che sono essenziali ed importanti sia la QUALITÀ di questi sentimenti sia la QUANTITÀ.

L’INTROIEZIONE prevede infatti anche un rapporto caratterizzato di passività e dipendenza, necessarie per porsi in una posizione tale da poter assumere ed assimilare il nutrimento che il seno buono ci somministra. Un’eccesso di questo processo ci porta verso una annichilazione della propria individualità e delle proprie capacità esplorative del mondo.

La PROIEZIONE nelle sue componenti aggressiva costituisce uno sprone per la crescita individuale in questo senso ma se presente in eccesso può portare il soggetto in un mondo interno pieno di oggetti invasi e che diventano vendicativi persecutori. Questi fenomeni possono portare a gravi esiti, potremmo dire “cicatriziali” nella vita esterna del soggetto. Ogni pensiero può quindi diventare o un atto creativo o un atto distruttivo all’interno del mondo del bambino, a seconda se esso sia collocato in una realtà emozionale e relazionale piena di amore o rispettivamente piena di odio.

DINIEGO DELLA REALTÀ PSICHICA

Una delle primissime difese nei confronti della paura dei persecutori siano questi immaginati nel mondo esterno o interiorizzati, è costituita dalla scotomizzazione, cioé dal DINIEGO DELLA REALTÀ PSICHICA;

questo può produrre una limitazione considerevole dei meccanismi dell'introiezione e della proiezione e tradursi in

diniego della realtà esterna,

una situazione che costituisce la base delle psicosi più gravi

[M. Klein, "Psicogenesi degli stati maniaco-depressivi", 1935; in Scritti 1921 -1958, pp. 297-298.]

“Note su alcuni meccanismi schizoidi”

L’ANGOSCIA, un fenomeno che aveva occupato l’attenzione di Melanie Klein fino dal 1923, è all’ECCESSO DI DISTRUTTIVITÀ, di odio, presente in determinati soggetti, vuoi per motivi costituzionali, vuoi ambientali. Questo concetto viene introdotto per spiegare perché il bambino senta così persecutorie gli oggetti esterni quando essi non sono presenti.

Ci appare quindi chiaro come nell’opera della Klein lo sviluppo infantile, anzi il primissimo sviluppo infantile possa condizionare in un modo affatto favorevole o del tutto sfavorevole il resto della vita di una persona e portarla ad affrontare gli ostacoli della vita con un SÉ INTEGRATO oppure con un SÉ SCISSO E PIENO DI SENTIMENTI OSTILI O PERVERSI.

Il quadro di un mondo interno andato in frantumi è quello proprio delle persone affette da schizofrenia. Queste persone secondo la Klein, verosimilmente in un punto molto precoce del loro sviluppo si sono trovate a dover affrontare un sovraccarico di aggressività che il loro Io non era in quel momento in grado di sopportare. Questo fatto porterebbe il soggetto che si trova in questa situazione ad una frantumazione parallela del proprio Sé con esiti nefasti e patologici.

DIFESE PRESENTI NELL’IDENTIFICAZIONE PROIETTIVA

Negazione della realtà (interna e/o esterna) [DINIEGO]

Scissione

Identificazione

Proiezione

IDENTIFICAZIONE PROIETTIVA

Uno dei meccanismi con i quali il bambino impara a superare la propria angoscia in modo primitivo, inadeguato e violento è rappresentato, come si è già detto dalla identificazione proiettiva, che però il bambino deve usare in dosi adeguate per non soccombere ad eccessi di sentimenti paranoici:

Proporrei di denominare questa forma di processo di identificazione "identificazione proiettiva”. Quando la proiezione deriva principalmente dall’impulso a nuocere alla madre o a controllarla, il lattante avverte la madre come un persecutore. Nelle psicosi questa identificazione di un oggetto con le parti odiate del Sé contribuisce a intensificare l’odio contro altre persone. Nella misura in cui interessa l’Io, l’eccessiva scissione ed espulsione di sue componenti nel mondo esterno lo indebolisce considerevolmente. Infatti la componente aggressiva dei sentimenti e della personalità è psichicamente posta in strettissimo rapporto con il potere, la potenza sessuale, la forza, la conoscenza e altre ambite capacità. [...] La proiezione dentro la madre di sentimenti buoni e di parti buone del Sé è fondamentale perché nel lattante si determini la capacità di sviluppare relazioni oggettuali buone e l’integrazione dell’Io. Se però questo processo proiettivo si attua in misura eccessiva, le parti buone della personalità sono sentite come fossero esaurite, perdute, e conseguentemente l’ideale dell’Io diventa la madre; anche questo processo ha quindi come risultato un indebolimento e un impoverimento dell’Io. [M. Klein, "Note su alcuni meccanismi schizoidi", 1946; in Scritti 1921 -1958, pp. 417].

La Klein lascia intendere che le identificazioni proiettive nascono da un sentimento primigenio ( quasi un antisentimento) che mira a distruggere nel modo più perverso e venefico ogni relazione, l’invidia. Il concetto di INVIDIA troverebbe la sua origine a sua volta dalla presenza di un istinto di odio verso la creatività e la vita in genere se questa non viene continuamente dispensata dall’oggetto.

L’invidia sembra essere strettamente connessa alla bramosia orale. La pratica analitica mi ha dimostrato che all’inizio l’invidia (alla quale si alternano sentimenti di amore e di gratificazione) riguarda il seno che nutre. Quando esordisce la situazione edipica, a questa invidia primaria si aggiunge la gelosia. [...] È tipico dell’intensa emotività e della bramosia infantile attribuire ai genitori uno stato permanente di reciproco soddisfacimento ....

[Melanie Klein, "Invidia e Gratitudine", 1957, p.13-14].

Una lunga serie di esperienze esterne gratificanti accompagnate da una sufficiente capacità da parte del bambino di sopportare le frustrazioni e la propria aggressività sono in grado, almeno in parte quindi secondo la Klein di contrastare l’intensità e gli effetti destruenti degli antisentimenti di invidia. Se questo è possibile lo svilluppo può prendere un impronta maggiormente caratterizzata dai processi di riparazione e di creazione, dalla curiosità e dalla pulsione epistemofilica. Solo così è possibile sperimentare la soddisfazione interiore che accompagna la relazione, cioé la GRATITUDINE.

Ogni essere umano, presumibilmente fin dai primissimi passi dello sviluppo, crea, dentro di sé, un idea di come è fatto dentro.

A prescindere dalla estrazione sociale, dal bagaglio genetico e famigliare, e dal successo adattativo acquisito durante le diverse tappe evolutive, il soggetto ha dentro di sé un sistema di idee [in parte consce, per la gran parte inconsce] che riguardano il modo in cui egli o ella funziona nelle varie situazioni della vita quotidiana, di come si confronta con le persone care o con gli estranei, durante la veglia e durante il sonno.

Tali idee servono quindi alla persona per autorappresentarsi e per rapportarsi con la rappresentazione (OGGETTO INTERNO) di una mutevole realtà circostante, conoscitiva e affettiva, che forse è difinibile come l’oggetto esterno.

Per buona parte della sua vita infatti Freud ha seguito un modello preso in prestito dal meccanicismo anatomo-fisiologico:

TEORIA TOPOGRAFICA e TEORIA STRUTTURALE

La modellizzazione mentale di Freud giungerà fino a questo punto: per quanto riguarda la conformazione della mente, Freud si rappresenta la mente più o meno come un’entità individuale, che è rappresentata da "entità" di natura psicologica che svolgono determinati compiti per permetterci di vivere e di entrare in rapporto con gli altri. A corollario di questo punto di vista vi è il fatto che Freud in tutta la sua opera definirà la scelta oggettuale o l’oggetto, essenzialmente come una relazione che il soggetto ha con un’entità esterna.

Identificazione proiettiva secondo M. Klein

legata ai processi evolutivi che si presentano nel corso dei primi 3-4 mesi di vita, quando la scissione è al culmine e predomina l’angoscia persecutoria

altre difese sono: l’idealizzazione, la negazione e il dominio onnipotente

la paura di annichilimento da parte delle forze distruttive interne è la paura più intensa che si possa provare

la scissione, come difesa primitiva contro questa paura, è efficace nella misura in cui dà luogo ad una dispersione dell’angoscia e ad un blocco delle emozioni

Identificazione proiettiva secondo W. Bion

Bion affermò che il concetto è complesso e può essere suddiviso nelle categorie dell’IDENTIFICAZIONE PROIETTIVA NORMALE e MASSICCIA (patologica); la differenza dipenderebbe dal grado di violenza del meccanismo

esistono quindi due scopi:

nel primo, quello di introdurre nell’oggetto uno stato mentale, come mezzo per comunicare con tale oggetto su questo stato;

nel secondo, quello di evacuare violentemente uno stato psichico doloroso, al fine di entrare a forza in un oggetto, con la fantasia, per ottenere un sollievo immediato, spesso con il progetto di assumere un controllo intimidatorio dell’oggetto

IDENTIFICAZIONE PROIETTIVA E CONTROTRANSFERT

“Ora mi sembra che l’esperienza del CONTROTRANSFERT abbia proprio una caratteristica particolare che dovrebbe permettere all’analista di distinguere le situazioni in cui è oggetto di un’identificazione proiettiva da quelle in cui non lo è.

L’analista sente di essere manipolato come se stesse RECITANDO UNA PARTE, non importa quanto difficile a riconoscersi, NELLA FANTASIA DI QUALCUN ALTRO; oppure che la reciterebbe se non fosse per quello che nei miei ricordi posso solo indicare come una temporanea PERDITA DI INSIGHT, cioè la sensazione di provare forti sentimenti e allo stesso tempo la convinzione che la loro esistenza è perfettamente giustificata dalla situazione obiettiva e che non è necessario ricorrere a recondite spiegazioni per capirne l’origine. [...] Ritengo che il primo requisito dell’analista sia l’abilità di scuotersi di dosso l’opprimente senso di realtà che si accompagna a questo stato.”

W. Bion

Rosenfeld, 1973

1. Identificazione proiettiva a scopi difensivi (liberare il sé di parti non volute)

a. L’intrusione onnipotente che conduce alla fusione o alla confusione con l’oggetto

b. La fantasia concreta di vivere passivamente dentro all’oggetto (parassitismo)

c. La credenza in un’unità e identità di sentimenti con l’oggetto (simbiosi)

d. L’espulsione della tensione da parte di chi è stato traumatizzato, da bambino, da intrusioni violente.

2. L’identificazione proiettiva a scopi comunicativi

a. Metodo per entrare in contatto con un oggetto che si ritiene distante

b. L’inversione della relazione bambino-genitore

c. L’identificazione con elementi simili presenti nell’oggetto a fini narcisistici

3. L’identificazione proiettiva mirante a riconoscere gli oggetti e a identificarsi con essi (empatia)

L’identificazione proiettiva sottosta a processi di fantasia sempre attivi nella costruzione dell’identità del Sé e degli oggetti. Pertanto la dislocazione del Sé comporta anche:

1. La scissione dà la sensazione di essere frammentati.

2. L’esperienza di un Io svuotato e indebolito porta a lamentare di non avere sentimenti, né impulsi e un senso di futilità.

3. La perdita subita dall’Io può essere sperimentata come la sensazione di non essere affatto una persona (depersonalizzazione).

4. L’identificazione con l’oggetto porta ad una confusione con qualcun altro.

5. L’Io può avere la sensazione che parti di sé siano state rimosse a forza, imprigionate e controllate (claustrofobia).

6. Un risultato dell’identificazione proiettiva può essere un’adesione o un aggrappamento particolarmente tenace all’oggetto in cui sono collocate parti del Sé.

7. Come conseguenza dell’intrusione e del controllo, insorgono intense angosce di aver danneggiato l’oggetto.

8. Possono pure verificarsi gravi angosce collegate alla paura che l’oggetto operi una ritorsione in seguito alla violenta intrusione subita.

9. Nell’identificazione proiettiva patologica, il destino dell’oggetto è il destino del Sé perduto che può quindi essere sentito come sempre più lontano, estraneo e persecutorio.

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